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senso Morire in solitudine: giusto o sbagliato?

2011
25 SET



( Mail inviata alla redazione )
Salve, mi chiamo Marika e sono infermiera in un ospedale di Bologna da quasi vent'anni.
Tempo fa, navigando in internet, mi sono imbattuta in un interessante articolo intitolato: Quella porta d'ospedale.
Volevo esprimere il mio modesto parere in merito, poiché affronta una situazione molto attuale, nella quale molte persone si ritrovano; situazione, tralaltro, a me molto vicina, vivendo esperienze simili tutti i giorni.
Quando ho cominciato a lavorare in questo campo, anch'io ho mal giudicato quei figli poco partecipi alla vita dei propri genitori. Mi era molto difficile capire il motivo per cui, pur di fronte alla sofferenza della malattia, non ci fosse da parte dei figli quella partecipazione che invece era oltremodo invadente da parte dei figli di altre persone.
solitudine.jpgNaturalmente io ho vissuto il dietro alle quinte di queste dinamiche familiari e notavo che puntualmente i genitori di figli apprensivi, presenti e invadenti pativano la propria malattia e il dolore nel terrore di dover lasciare i propri figli "da soli" nel mondo, pur parlando di persone d'età, a volte si trattava di pazienti ottantenni verso figli sessantenni!
Il timore di non poter più fare qualcosa per i propri figli mi ha fatto assistere alle scene più incredibili.

Le persone invece abbandonate, non le ho mai viste soffrire con tanto ardore, quelle persone, spesso donne, si lamentanosolitudine.jpg di non avere i figli accanto ma ne sono anche felici perché loro sono dedicati alle loro famiglie, sono a loro volta buoni genitori e questo da pace a chi sta male pur essendo solo.

Dopo tanti anni e tantissimi casi completamente diversi l'uno dall'altro, mi sono convinta che il buon genitore è proprio quello che lascia andare il proprio figlio distaccando completamente il cordone ombelicale che li lega, i migliori genitori sono quelli i cui figli hanno rotto con loro e sanno che non ne hanno bisogno, anche affettivamente.

So' già che qualcuno avrà molto da ridire su quest'affermazione e non pretendo che tutti la condividano, il mio punto di vista è frutto di un lunghissimo esercizio quotidiano di raccolta di testimonianze, sensazioni e sentimenti, a volte anche violenti, che si scatenano nei genitori che, giovani o anziani, sono confrontati con il rischio imminente di lasciare questa vita.

Con questo naturalmente non voglio dire che chi abbandona i genitori è più bravo degli altri, voglio solo dire che se i figli non sono così morbosamente legati ai propri genitori questo è un merito di quei genitori e quando arriverà il momento di andare, saranno più sereni di chi invece avrà la sensazione di non aver ancora fatto abbastanza per i propri figli.

C'è maggiore sofferenza nella morte se sai che i tuoi figli hanno ancora bisogno di te, seppur solo del tuo affetto.
Marika.

Risposta alla mail:

Cara Marika, rispondo prontamente alla sua mail.

Credo che il suo giudizio (a mio parere errato), sia dovuto semplicemente al fatto che lei vede la faccenda in una prospettiva sicuramente differente dalla mia.
Devo innanzitutto porre l'accento sul fatto che lei è passata da un eccesso a un altro: da figli che sono spariti completamente dalla vita di un genitore, (come se non avesse mai avuto un padre e una madre); a figli che invece sono presenti in maniera invadente e soffocante!
Ma la via di mezzo non esiste nel suo ospedale?

Ma non è questo il punto!

Certo, sì, è molto più semplice e meno doloroso per uno che non vede e non vive la malattia di un genitore, andare avanti nella vita come se nulla stesse accadendo!
Ma mettere la testa sotto terra per non vedere e non sentire, non vuol dire che una determinata situazione non stia verificandosi, bensì che, da essere vigliacco, si è deciso semplicemente di fuggire dal problema! Dalla realtà dei fatti!
Ma i valori dove li buttiamo, cara Marika?!
Lasciar prendere il volo ai propri figli, staccare il cordone ombelicale, come dice lei, non significa assolutamente eliminare ogni legame affettivo!
Dimenticare tutti i sacrifici che un genitore ha dovuto affrontare affinché il proprio figlio viva in un ambiente sereno, e non aver bisogno di lui (genitore) perché ormai si ha la propria famiglia, è un discorso che portano avanti gli uomini che non sono degni della minima attenzione e del minimo rispetto. E' un qualcosa, a mio parere, fuori dal mondo!

Staccare il cordone ombelicale vuol semplicemente dire che si dà al proprio figlio la possibilità di camminare da solo, di affrontare la vita esclusivamente con le proprie forze, senza dover contare più sull'aiuto del genitore sempre disposto a tenderti la mano nel momento del bisogno, significa affrontare il mondo facendo leva sugli insegnamenti e valori trasmessi dal proprio padre e dalla propria madre.
Non significa dimenticare tutto e tutti, come se il passato non esistesse!
Come se mai nessuno ci avesse messi al mondo!
Chi non dà importanza a questo valore, non ne darà mai a nessun'altra cosa nella vita, tenderà a usarla e basta!solitudine.jpg Come dicevo poc'anzi, lei è passata da un eccesso a un altro: da figli assenti a figli onnipresenti!
Le situazioni che accadono nel suo ospedale, (e che sono tipiche del mondo occidentale), hanno una spiegazione ben precisa.
Tutto ruota intorno alla paura della morte e della perdita della persona amata.
E questo perché si dà un'estrema importanza a queste due cose!

Mi spiego... Se una determinata persona attribuisce alla vita più valore di quanto effettivamente essa meriti, ne rimane schiavo! I figli si legano e soffrono in modo smisurato di fronte la malattia e la paura di perdere il proprio genitore perché si guarda solo a questo! Si guarda soltanto il fatto che quel genitore da un momento all'altro non farà più parte dei nostri giorni, non potremo più incrociare il suo sguardo o condividere ancora con lui la nostra esistenza.
Si ha paura di ritrovarsi improvvisamente soli e abbandonati.
La morte fa paura!
Perché significa la fine di tutto!
Si cerca allora di esorcizzarla evitando quelle situazioni che ti mettono di fronte la realtà dei fatti (che alla fine tutti dobbiamo passare x quel sentiero!), si comprano amuleti scaramantici cercando di scacciare l'inevitabile.
Si cambia discorso non appena l'occasione se ne presenti. Ma la morte fa parte della vita (scusi il gioco di parole).
Questa è una affermazione che i musulmani hanno imparato bene: hanno imparato a convivere con la morte, nel senso che non ne hanno assolutamente timore. Sanno che questo è il destino di ognuno di noi e sono felici di affrontarla poiché essa sarà per loro una rinascita e non la fine di tutto. Gli ultimi giorni di un genitore vengono vissuti in maniera serena (nascondendo il dolore mai eccessivo che si ha dentro gli occhi di chi sta x abbandonarci materialmente).
Si cerca di rendere il distacco il meno doloroso possibile materializzando davanti agli occhi del moribondo il paradiso che l'attende, la fine di ogni sua sofferenza terrena.
Lo si aiuta ad affrontare questo salto nella maniera più serena possibile, mostrando il loro amore e riconoscenza per quanto ricevuto.
Lo si aiuta moralmente restandogli accanto e non abbandonandolo come uno straccio vecchio.
Gli occidentali invece, essendo legati in maniera eccessiva alla vita, temono la morte e tendono a vivere (e far vivere) questo momento in maniera tragica (alcuni); e a non viverlo per niente (altri)

Ma chi non affronta la vita e quanto di bello o di brutto essa possa portare, è un essere umano che vive per metà!



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